L’Italia ha compiuto progressi dello smaltimento dei crediti deteriorati, con l’NPE ratio che è sceso all’8,4% di fine 2018 all’8,1% del secondo trimestre 2019, ma lo stock di Npl e Utp resta elevato rispetto agli altri paesi europei, sopratutto per le banche meno significative. Lo scrive la Commissione europea nel suo  rapporto sull’Italia riguardante gli squilibri macroeconomici dei paesi membri, diffuso il 26 febbraio scorso (si veda qui il documento completo).

Le banche italiane hanno migliorato le loro abilità di recupero dei crediti deteriorati e hanno beneficato della proroga della Gacs per altri 24 mesi concessa nel maggio 2019. Quest’ultima dovrebbe aiutare gli istituti di credito a ridurre il loro stock di Npl, anche se resta il rischio che una maggiore volatilità di mercato possa renderla meno attraente per le banche, considerate le alte commissioni legate alla garanzia statale.

A causa degli alti volumi di Utp nei bilanci delle banche (costituivano il 43% dello stock di NPE nel giugno 2019), il mercato secondario ha grandi margini di sviluppo in termini di: transazioni, servicer e piattaforme IT. Le banche tuttavia devono rafforzare le loro capacità di gestirli internamente (internal workout).

Nonostante la maggiore pulizia dei bilanci, le banche hanno aumentato moderatamente i prestiti alle famiglie (+2,4% anno su anno), mentre quelli alle imprese non finanziarie (NFCs) hanno subìto una battuta di arresto (-0,7% anno su anno). A soffrire sono soprattutto le imprese più piccole e innovative. In particolare, le pmi che non hanno ricevuto in prestito dalle banche l’ammontare richiesto  è salito al 19%. La stretta sul credito ha portato a un calo della sua domanda, dal momento che le imprese hanno ridotto la loro leva finanziaria e aumentato la loro capacità di autofinanziarsi e il loro patrimonio. Parallelamente, sta aumentando il ricorso ai minibond: grazie a questi ultimi, dal 2012 a fine 2018 le imprese hanno raccolto 25,2 miliardi di euro (di cui il 18% da parte di pmi).

L’ultimo Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano ha calcolato che le aziende italiane hanno raccolto in totale x miliardi di euro con l’emissione di veri minibond, cioé quelli al di sotto dei 50 milioni di euro, dall’inizio dell’operatività del mercato. Mentre il Report Private Debt 2019 di BeBeez, che tiene conto anche delle emissioni oltre ai 50 milioni di società italiane non quotate o di controllanti o collegate estere (tipicamente i veicoli di buyout), ha mappato 180 emissioni nel 2019 per un controvalore totale di circa 6.420,4 miliardi di euro, di cui 15 emissioni di dimensioni superiori a 100 milioni. Quel numero si somma agli 8,78 miliardi raccolti nel 2018 e ai circa 7 miliardi del 2017, per un totale nei tre anni di oltre 22,2 miliardi.