3-settembre-2021 Il semestre. Crollano le sofferenze dei grandi gruppi italiani grazie a cessioni e garanzie pubbliche Tra lo stock dei crediti deteriorati cresce il peso dei prestiti incagliati (Utp) delle aziende in crisi
Alessandro Graziani
I crediti incagliati (Utp, ovvero unlikely-to-pay) hanno ormai abbondantemente superato quelli in sofferenza (Npl, non performing loans) nei bilanci delle banche italiane. Secondo gli ultimi dati semestrali relativi alle maggiori otto banche quotate in Borsa, gli Utp ammontavano a fine giugno a 34,28 miliardi mentre gli Npl scendevano a quota 23,47 miliardi. Se le sofferenze sono state abbattute, gli Utp in media sono stabili o scendono poco. A parte Intesa Sanpaolo e BancoBpm, che nell’ultimo anno li hanno ridotti rispettivamente da 13,4 a 9,4 miliardi e da 6,16 a 4,82 miliardi, gli Utp si mantengono sui livelli di un anno fa e in alcuni casi sono addirittura aumentati (UniCredit da 12 a 13,4 miliardi). Ma per tutte le banche, ormai, gli Utp superano gli Npl.
A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, i dati sui “deteriorati” dimostrano come negli ultimi anni le banche italiane si siano adoperate con successo per smaltire – anche attraverso cessioni e cartolarizzazioni – l’enorme stock di crediti in sofferenza accumulati nelle precedenti crisi del 2008-2009 e poi del 2011. Ma ora, per evitare che si avverino le previsioni di 100 miliardi di nuovi Npl nei prossimi due tre anni, il sistema bancario dovrà concentrarsi sulla gestione della marea crescente delle “inadempienze probabili” per evitare che si trasformino in nuove sofferenze. Uno sforzo che servirà non solo a evitare maxi perdite nei bilanci delle banche ma anche ad aiutare le tante imprese in crisi temporanea che, se rifinanziate, possono superare la crisi indotta dal Covid. Un problema che è ben noto anche alle Autorità di Vigilanza, che ormai da mesi stanno chiedendo alle banche di selezionare le imprese in grado di ripartire e non tenere in vita “aziende-zombie” per evitare il default dei prestiti.
Il fattore tempo sarà decisivo poichè, con la fine delle moratorie e degli altri sostegni di Stato, molte aziende andranno in crisi. Per questo nelle banche, soprattutto tra le più grandi, sono stati allestiti appositi team dedicati alla valutazione dei piani di sostegno e di rilancio delle aziende-clienti. Operazioni rischiose, anche alla luce delle nuove regole europee del calendar provisioning che impongono l’integrale svalutazione del credito non performing in tre, sette o nove anni (rispettivamente: non garantito, garantito, con garanzia immobiliare). Rifinanziare un’impresa con crediti Utp, comporta il rischio che il prestito diventi Npl e la banca sia costretta a svalutare il credito del 100%. Non è un caso che, per tutelarsi, le banche stiano incrementando il credito assistito da garanzie.
Come si è arrivati al sorpasso dello stock di Utp sugli Npl nei bilanci bancari? A detta degli operatori, decisive sono state le operazioni di cessione o smaltimento dei crediti in sofferenza degli ultimi cinque anni. Così come essenziali sono stati gli interventi del Governo che, durante la fase di crisi indotta dal Covid, attraverso le moratorie sui crediti e i prestiti garantiti dallo Stato hanno impedito l’immediato default di tante aziende dei settori più colpiti. In aggiunta, sempre secondo gli operatori del settore, lo smaltimento degli Npl ha beneficiato del sostegno delle garanzie pubbliche Gacs che riducono il costo delle cartolarizzazioni. La Gacs è stata rinnovata anche per il prossimo anno ma resta limitata agli Npl e non è stata estesa anche agli Utp.
Per prepararsi a gestire la probabile ripresa del credito deteriorato, le banche stanno in generale aumentando il grado di copertura dei prestiti a rischio. Come risulta dai dati semestrali (si veda la tabella a fianco), malgrado le numerose cessioni di Npl il Monte Paschi di Siena resta il fanalino di coda del sistema sia per quanto riguarda la copertura degli Utp (accantonamenti al 36,3% sui 2,5 miliardi di incagli) che in riferimento al totale dei crediti a rischio (46,9%). Non a caso è l’unica banca a non aver superato lo stress test condotto da Bce. E la promessa sposa UniCredit, che invece ha un tasso di copertura del totale Npe al 57,6%, ha subordinato l’aggregazione a una preventiva e analitica due diligence sull’intero portafoglio crediti di Mps.