22-luglio-2021 Dei 280 miliardi di prestiti congelati ne restano in vigore solo 80 miliardi
La temuta esplosione degli Npl (per ora) non c’è stata Faro sui conti del semestre
Alessandro Graziani
È ancora presto per dire quale sarà per i conti delle banche l’impatto finale delle moratorie sui prestiti concessi a imprese e privati per arginare la crisi indotta dalla pandemia. Ma dai dati finora disponibili arrivano segnali rassicuranti: la temuta esplosione dei nuovi Npl, che ancora a ottobre il capo della Vigilanza Bce Andrea Enria stimava fino a 1,3 trilioni in Europa nello scenario peggiore, non ci sarà.
I crediti in sofferenza sono ovviamente destinati ad aumentare rispetto ai livelli pre-crisi, ma con impatti molto più contenuti rispetto ai timori della Vigilanza. «I dati sono rassicuranti rispetto a inizio crisi, quando alcuni temevano che il 50% dei crediti in moratoria si trasformasse in Npl per le banche europee – commentano gli analisti di Scope Rating – mentre in Francia, Germania e Italia sono rimasti sotto al 5% e solo in Grecia e Irlanda hanno superato il 10%». I dati si riferiscono al primo trimestre del 2021 e c’è attesa per verificare se questo trend si è mantenuto anche nei tre mesi successivi. Per saperlo bisognerà attendere la prossima settimana, quando le prime banche europee inizieranno ad annunciare i conti semestrali. Ma già da ora, almeno per quanto riguarda l’Italia, le indicazioni informali che Il Sole 24 Ore ha raccolto da fonti delle principali banche sembrano rassicuranti.
I dati del semestre sono di particolare rilievo poiché il volume totale dei crediti attualmente oggetto di moratoria si è ridotto sensibilmente. Secondo gli ultimi dati della task force Mef-Mise-Bankitalia-Abi-Sace-Mcc, «alla fine di giugno erano ancora attive moratorie (ex lege e volontarie) per un valore complessivo di circa 83 miliardi, pari a circa il 30% di tutte le moratorie accordate da marzo 2020 che ammontano a circa 280 miliardi».
Se la situazione non è quella drammatica paventata a inizio crisi, la graduale uscita dal regime delle moratorie sui crediti è attentamente monitorata dalle banche perché le ultime moratorie sono quelle relative ad aziende più in crisi e con rating peggiori già prima della pandemia. Inevitabilmente, dunque, lo stock finale dei prestiti ancora in moratoria avrà un tasso di default più elevato del 5%.
Secondo l’ultimo rapporto di Pwc, i crediti Stage 2 (prestiti in bonis ma un “gradino” prima del deterioramento, Ndr) delle principali banche italiane «sono cresciuti nel 2020 di circa 64 miliardi di euro arrivando a rappresentare mediamente il 14% del totale portafoglio crediti. A fine marzo 2021 risultavano classificati a Stage 2 rispettivamente oltre il 30% dei crediti in moratoria e oltre il 10% dei prestiti con garanzia pubblica». Sempre secondo le previsioni di Pwc, «la pandemia avrà sicuramente un impatto significativo sullo stock di Npe: il mercato si aspetta tra 80-100 miliardi di nuovi flussi di Npe nei prossimi 24-30 mesi».
Potrebbero essere di meno, si confida in ambienti bancari, se la gradualità della fine delle moratorie insieme alle riaperture estive di tutte le attività consentiranno al settore del turismo-ristorazione-alberghiero di riprendersi. «Guardiamo alla situazione con prudente ottimismo – commenta un banchiere – soprattutto se saranno confermate le nuove stime di vera ripresa dell’economia per il 2021 e ancora di più per il 2022».