Le nuove regole promosse della Bce sugli accantonamenti prudenziali che le banche dovranno operare a fronte dei non performing loans (Npl) hanno riscontrato, in questi giorni, l’apprezzamento di banchieri ed operatori

di Mario La Torre

Le nuove regole promosse della Bce sugli accantonamenti prudenziali che le banche dovranno operare a fronte dei non performing loans (Npl) hanno riscontrato, in questi giorni, l’apprezzamento di banchieri ed operatori. La vigilanza della Bce, guidata da Andrea Enria, sconfessa le più stringenti disposizioni stabilite da Daniele Nouy nell’Addendum del marzo 2018, creando un percorso di copertura patrimoniale più morbido, per tempi e condizioni.

Caso risolto, dunque? In prima battuta sembrerebbe di sì; la possibilità di ricercare in modo più armonico, entro il 2026, la piena copertura patrimoniale dei crediti non performing offre alle banche una prospettiva di più ampio respiro. Sarà comunque sufficiente ad evitare uno smobilizzo affrettato di tali crediti? La rincorsa alla pulizia dei bilanci bancari, e allo smaltimento delle esposizioni non performing, nasconde insidie che anche le nuove disposizioni potrebbero non essere in grado di risolvere.

Una recente ricerca – condotta insieme ai colleghi Vento G., Chiappini H. e Lia G. e pubblicata dalla rivista Bancaria – analizza le principali operazioni italiane di cessione di Npl, dimostrando che lo smobilizzo di non performing loans produce un wealth effect positivo per le banche che si liberano degli attivi e creano, dunque, valore per gli azionisti. L’analisi evidenzia, peraltro, che il mercato azionario tende ad apprezzare maggiormente le operazioni in cui vengono trasferiti importi elevati di Npl e le operazioni realizzate da banche di rilevanza sistemica. Il trasferimento degli Npl, dunque, è valutato in modo favorevole, in ragione di possibili effetti positivi che ne potrebbero derivare in termini di requisiti patrimoniali ed afflusso di liquidità. Sembra esserci, pertanto, coincidenza di vedute tra vigilanza ed investitori. Se le banche non sono in grado di coprire con patrimonio gli Npl in portafoglio, li cedono ed il mercato le premia.

Nella stessa ricerca, tuttavia, evidenziamo come il mercato, allo stato attuale, non mostri preoccupazione per il reinvestimento della liquidità ottenuta. Eppure i bassi tassi di mercato e la pressione sulla redditività bancaria che ne consegue – accentuata dalle cessioni a sconto degli Npl – dovrebbe essere una variabile tenuta in debito conto da banchieri ed investitori. Né, tantomeno, sono considerati dal mercato gli effetti negativi di tali cessioni sull’economia reale, e l’effetto boomerang sulle stesse banche. Le cessioni degli Npl, ad esempio, destano perplessità̀ per l’impatto che possono generare sulle imprese affidate; il trasferimento di un credito non performing può avere effetti negativi decisivi sulla continuità di business di quest’ultime.

Appare, pertanto, complesso accordare alle pratiche di cessione degli Npl una preferenza acritica rispetto ad altre alternative strategiche.

Quando da più parti si lanciano appelli in favore di visioni d’investimento a lungo termine, e gli investitori di “nuova generazione” prestano sempre maggiore attenzione ai temi di sostenibilità ambientale, distribuzione della ricchezza e buona governance, l’ottimalità delle operazioni di smobilizzo degli Npl dovrebbe essere valutata adottando una visione più olistica del tradizionale concetto di “valore degli azionisti”. Una nuova vigilanza dovrebbe tenere in debito conto anche questi fattori.

Le reazioni dei mercati mutano con il mutare della cultura degli investitori, e le regole di vigilanza dovrebbero cogliere i trend emergenti per tutelare i soggetti vigilati da mutamenti di scenario prospettici. Le nuove regole sugli Npl, sicuramente più coerenti con il quadro economico internazionale, dovranno essere verificate anche rispetto all’equilibrio tra finanza ed economia reale che saranno in grado di produrre. Una vigilanza moderna deve intercettare con efficacia la sensibilità di investitori sempre più attenti alla sostenibilità e all’equa distribuzione della ricchezza, e sempre più scettici difronte a operazioni di pulizia di bilanci operate in modo ossessivo, a sconto, ed ispirate ad una logica microeconomica di breve periodo.

Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari –

Università di Roma “La Sapienza”