1-ottobre-2021- Il 2022 sarà l’anno del sorpasso. Quello dei prestiti Utp (Unlikely To Pay) sugli Npl nei bilanci delle banche italiane, su un totale di crediti deteriorati che è destinato a risalire a 108 miliardi di euro dai 90 miliardi di euro previsti per fine 2021, in calo dai 104 miliardi di fine 2020. Il tutto mentre continueranno gli investimenti in crediti deteriorati da parte degli investitori specializzati, tanto che nel 2023 il 75% dello stock di NPE italiani, pari a 317 miliardi di euro su 430 miliardi complessivi, sarà passato dai bilanci bancari a quelli degli investitori.

Lo prevede il Market Watch Npl di Banca Ifis, presentato alla decima edizione del Npl Meeting, tenutosi venerdì scorso nella splendida cornice di Villa Erba a Cernobbio e intitolato Recovery Builders cioè Costruttori di Ripresa.

Più in dettaglio, Banca Ifis prevede per fine anno ancora una lieve prevalenza delle sofferenze sulle inadempienze probabili sui bilanci delle banche (42 miliardi contro 41, oltre a 6 miliardi di scaduti), mentre nel 2022 lo stock di Utp sui bilanci delle banche italiane salirà a  56 miliardi e le sofferenze cresceranno soltanto sino a 44 miliardi di Npl e gli scaduti si attesteranno a 8 miliardi. La tendenza dovrebbe essere confermata nel 2023, quando Banca Ifis prevede 58 miliardi di Utp contro 47 miliardi di sofferenze e ancora 8 miliardi di scaduto.

La discesa dello stock di crediti deteriorati sui bilanci prevista per fine anno era attesa ed è già ben evidente dalle semestrali dei primi sei gruppi bancari. L’Insight View di BeBeez dello scorso x agosto mostrava infatti che c’erano circa 57,4 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi sui bilanci dei primi sei gruppi bancari italiani (considerando ormai UBI Banca integrata in Intesa Sanpaolo) a fine giugno 2021, ancora in calo dai 61,5 miliardi di fine marzo, quando era stata registrata una ulteriore discesa dai 65 miliardi di fine dicembre 2020.

Il temuto aumento dello stock di crediti deteriorati sui libri delle banche italiane dovuto alle conseguenze del lockdown, quindi quest’anno non si è visto e questo, da un lato, grazie una crescita del Pil, che le più recenti stime, come quelle di Prometeia , indicano in un +6% (contro il -9% del 2020); e dall’altro  le moratorie sui crediti in essere, il blocco dei licenziamenti , le garanzie concesse da istituzioni a capitale pubblico come Sace e Mediocredito Centrale, che  hanno evitato un possibile credit crunch (anzi, dai primi mesi del 2020 sono in ripresa i prestiti, soprattutto alle imprese) e hanno ritardato l’emersione dei crediti deteriorati.

Fattori che Banca Ifis ha definito generatori di ripresa e ai quali significativamente è stato intitolato il convegno di Cernobbio (Recovery Builders), e grazie ai quali l’Italia evidenzierà nel 2021 un Npe ratio (rapporto tra crediti deteriorati, npl e Utp e totale di quelli erogati) di poco inferiore al 5% , cioè il livello minimo degli ultimi 11 anni (e inoltre  sotto il livello target stabilito dalla Bce) per poi risalire al 5,9% nel 2023 soprattutto perché, con la fine delle moratorie, il tasso di default, ovvero il rapporto tra le nuove sofferenze e lo stock di finanziamenti concessi, dovrebbe crescere al 3%rispetto all’1,4% del 2021, ma si manterrà comunque lontano dal 4,5% del 2013.

In prospettiva, la notevole ripresa dell’economia farà sì che, prevede sempre lo studio di Banca Ifis, la somma dei nuovi flussi di crediti deteriorati (41 miliardi di euro nel 2022 e 32 miliardi nel 2023) sarà di poco superiore  ai 71 miliardi registrati nel solo 2013 (si vedano qui lo studio e qui il comunicato stampa).

Detto questo, tutti questi fattori non saranno in grado di controbilanciare gli effetti della fine delle moratorie. Via via che le aziende supereranno i 9 mesi di moratoria, infatti, le moratorie resteranno sì in essere, grazie all’ultima proroga contenuta del Decreto Sostegni  bis, ma le banche saranno comunque tenute a classificare eventualmente a forbearance e UTP i crediti sulla base di una valutazione caso per caso.

E’ questo un punto sul quale convergono le previsioni di tutti i principali centri di ricerca. In particolare, negli ultimi mesi l’avvertimento è arrivato dall’Osservatorio NPE di Cribis Credit Management (gruppo CRIF, si veda altro articolo di BeBeez) e dall’ultima analisi Cerved-Abi (si veda altro articolo di BeBeez). E ora appunto anche da Banca Ifis, che infatti prevede come detto una risalita dello stock dei crediti deteriorati sui libri della banche a partire dal 2022.

Nel frattempo, le cessioni di portafogli continueranno a concentrarsi sugli npl. In prospettiva le cessioni di Npl potrebbero raggiungere i 34 miliardi di euro, secondo Banca Ifis, con un’incidenza del 26% del mercato secondario, sempre più dinamico, mentre le operazioni sugli Utp, sebbene in crescita, si fermeranno a 11 miliardi di euro. Più in dettaglio, nei nove mesi del 2021 sono state finalizzate transazioni Npl per 8,1 miliardi di euro. (in linea con quella mappate da BeBeez nel suo ultimo Report Npl appena pubblicato). La pipeline vede ancora 26 miliardi di euro attesi, di cui oltre 9 miliardi di operazioni già in corso. Sul fronte Utp Banca Ifis prevede poi  ben 10 miliardi di vendite entro dicembre 2021.

I calcoli di Banca Ifis, però, differiscono da quelli di BeBeez, perché in alcuni casi includono operazioni già contabilizzate da BeBeez a fine 2020, come i 300 milioni di euro di Utp verso il gruppo Messina ceduti da Carige ad AMCO (si veda altro articolo di BeBeez) oppure che BeBeezstima verranno concluse nel 2022. Per esempio, se è vero che l’obiettivo del fondo Back2Bonis gestito da Prelios sgr e promosso insieme ad AMCO è di 1,5 miliardi di euro e che a oggi ha investito un miliardo (si veda altro articolo di BeBeez), non è detto che il fondo acquisisca tutti i restanti 500 milioni entro fine anno.

Tornando ai dati di Banca Ifis, nel biennio 2022-2023 si stimano vendite per 80 miliardi di euro sugli Npl, e non più di  20 miliardi per gli Utp. Un volume complessivo di 200 miliardi di euro nei due anni, quindi, che si confronta con i 149 miliardi del biennio 2017-18. Un andamento, come evidenzia anche il grafico in pagina, tutt’altro che esplosivo, e che tuttavia negli ultimi anni ha visto un aumento dei player nell’arena competitiva.

Cosa implicano questi sviluppi per gli operatori? Anzitutto un aumento della concorrenza con tutte le sue conseguenze. “Ci sarà un aumento della concorrenza e una compressione dei ritorni sugli investimenti. Ciò farà sì che gli operatori marginali avranno difficoltà a stare sul mercato” ha confermato il ceo di Banca Ifis Frederick Geertman a BeBeez parlando a margine del convegno. “Il prezzo dei portafogli di Npl unsecured tenderà ad aumentare per via del migliore contesto macreoeconomico, dell’afflusso dall’estero di capitali alla ricerca di migliori rendimenti, della migliore qualità della documentazione e della minore età media dei crediti” ha aggiunto Geertman nel suo intervento. Su questo punto hanno concordato gli altri addetti ai lavori intervenuti all’Npl Meeting, come Aurelio Maccario, head of group credit risk di Unicredit, e Francesco Buffi, direttore di CarVal Investors. Quest’ultimo ritiene che i prezzi siano in aumento per le dinamiche di domanda/offerta e per la maggiore apertura degli investitori, galvanizzati dal miglioramento delle condizioni economiche. Tanto che Stefano Martarelli, executive director credit governance group CLO area di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato: “Vendiamo credito vero, siamo credibili”.

Ma c’è anche un altro effetto, che si manifesterà maggiormente nei prossimi anni, e che trae origine dal fatto che gli Utp sono sostanzialmente diversi dagli npl. Conferma Ida Mercanti, Responsabile del Primo Direttorato sulla Vigilanza di Banca d’Italia: “La crescita dei crediti deteriorati sarà inferiore a quella che si temeva mesi fa. In tale contesto aumenteranno soprattutto gli Utp, che richiedono strategie diverse rispetto agli Npl e un approccio dedicato”.  A suo avviso, le cessioni di crediti testimoniano la maturazione e il rafforzamento delle banche.  Secondo Mercanti, la sfida principale per il settore degli Npl consiste nel rifocalizzarsi su attività non di solo recupero, ma anche e soprattutto di sostegno e gestione anticipata del credito, ad esempio rimodulando i finanziamenti. Una tendenza che potrebbe essere accelerata dal calendar provisioning imposto dalla Bce, che avendo effetti sui bilanci bancari “va inteso come un incentivo ad adottare strategie di gestione di Npl sempre più anticipate, anche sviluppando partnership con terzi”. In altri termini, essendo gli Utp  dei crediti “vivi”, nei confronti di aziende spesso sane ma che devono fronteggiare  difficoltà congiunturali, più che di capacità negoziali sul prezzo di acquisto o di servicing, richiedono abilità manageriali, di restructuring, di apportare nuova finanza.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, è significativo che sia Maccario di Unicredit sia Martarelli di Intesa Sanpaolo abbiano affermato che i due istituti “non intendono escutere le garanzie dei prestiti garantiti, nell’ottica di sostenere le controparti”. Ma “occorre una soluzione di sistema”, ha detto Maccario.

Su questo fronte, Mediocredito Centrale già sta lavorando con la Pubblica Amministrazione a “un settore speciale del fondo di garanzia finanziato dal PNRR destinato alle imprese del settore turistico, particolarmente provate della crisi dovuta al coronavirus”, ha anticipato il ceo di MCC, Bernardo Mattarella. Anche Marina Natale, ceo di AMCO, controllata dal Ministero dell’Economia e fra i principali investitori italiani in credito deteriorato, ha anticipato che la società “sta lavorando a una piattaforma che consentirà alle banche di cedere il portafoglio con la garanzia, che sarà gestita dagli operatori di mercato, evitando l’immediata escussione della garanzia stessa”.

E proprio partnership è stata una delle parole d’ordine dell’Npl Meeting di quest’anno, utilizzata da tutti gli operatori. In proposito, Natale ha detto che la società sta lavorando per proporsi come “catalizzatore di partner industriali che ci aiutino nel percorso di risanamento finanziario delle imprese. Questo, perché sia sostenibile, deve poggiare su un percorso di sviluppo industriale. Per fare tutto questo ci avvaliamo di un modello operativo che si declina in un equilibrato mix di capacità interne e di outsourcing: abbiamo attivato una piattaforma aperta per agevolare il colloquio con i legali e i servicer con cui collaboriamo in modo da valorizzare le aree di eccellenza di tutti i singoli player”.

Quanto al prezzo medio dei portafogli Npl e Utp secured, “questo resta condizionato da grandi operazioni e dalle transazioni assistite da Gacs”, ha sottolineato Geertman. Con la proroga fino al giugno 2022 di queste ultime (si veda altro articolo di BeBeez), si prevedono circa 7 miliardi di nuove operazioni garantite per un ammontare totale di 94 miliardi di euro di portafogli cartolarizzati dal 2016 a oggi. Sette i servicer impegnati nei deal realizzati finora, l’80% di questo ammontare è concentrato sui primi 4 operatori: Dovalue, Prelios, Cerved e Credito Fondiario (oggi Gardant). Le performance di recupero nel 2021 sono generalmente in calo, a eccezione di due portafogli: solo POP npls 2018 e BCC NPLs 2019 superano il target.

Proprio sul tema della valutazioni, Natale di AMCO  ha approfittato dell’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, rispondendo a un anno di distanza alle critiche mosse alla società all’Npl Meeting 2020, secondo le quali la management company del Tesoro gode di condizioni migliori rispetto agli operatori di mercato (si veda altro articolo di BeBeez): “AMCO ha una pricing policy interna molto rigida, perché è un soggetto pubblico vigilato non solo dalla Corte dei Conti ma anche, indirettamente, dalla DG Competition dell’Ue. Non possiamo fare operazioni fuori mercato, verremmo tacciati di aiuti di Stato. AMCO deve garantire alle autorità di non trasferire più benefici alla controparte rispetto a quanto farebbe un operatore di mercato. Le autorità di vigilanza sono garanti che non alteriamo le condizioni di competitività. Quindi siamo schiavi del mercato”. Natale ha anche confermato che AMCO sta lavorando al dossier Mps (si veda altro articolo di BeBeez) e si è detta “contenta di giocare un ruolo nella soluzione di una situazione che, se risolta, consentirebbe al settore bancario di consolidarsi e arrivare a maggiore produttività ed efficienza”.

A proposito di crisi, Massimo Fabiani, docente ordinario presso l’Università del Molise, ha affrontato il tema del Codice della crisi d’impresa, che risale a inizio 2019, ma entrerà in vigore a maggio 2022, dopo vari rinvii (si veda altro articolo di BeBeez). “Non mi aspetto enormi cambiamenti in termini di risultati sui crediti, per cui serve un diverso approccio culturale: per capire un’azienda bisogna respirare il sudore dell’impresa: questo manca ai giudici fallimentari italiani, non basta vedere le cose solo in un’ottica postuma”, ha ammonito il professore.

Intanto il settore dei servicer cresce a ritmo elevato dal 2013: +21% i ricavi, +12% le masse in gestione, +35% gli investimenti, +14% l’Ebitda e +16% l’occupazione. Nel 2021 gli operatori stimano una crescita dei fatturati del 6% e dei margini del 15%. Alla fine del 2020 i primi dieci servicer gestivano oltre 300 miliardi di crediti deteriorati. I primi tre investitori (Amco, Ex Quaestio capital management e Banca Ifis) hanno acquisito 80 miliardi di euro di volumi dal 2015 a settembre 2021.

Per quanto riguarda il settore immobiliare, secondo il Market Watch Npl di Banca Ifis il clima di ripresa ha effetti positivi sul mercato: le compravendite potrebbero arrivare, nel 2021, a 600 mila unità immobiliari residenziali e l’anno potrebbe chiudersi con 125.000 immobili in asta per un valore di 11 miliardi. Il Covid-19 ha ridotto l’attività giudiziaria in questo settore: si stimano, per la diminuzione di aste e pignoramenti, circa 13 miliardi di euro di valore immobiliare fermi nelle aule di tribunale (cash in court). La buona notizia arriva invece dagli effetti positivigenerati dall’avvio del processo telematico e della riforma del 2015, con la riduzione di circa due anni, tra il 2018 e il 2020 del tempo medio di chiusura delle aste, che comunque evidenziano ancora una vita media di poco inferiore a 6 anni.

Alla conferenza stampa finale, il ceo di Banca Ifis Geertman ha confermato che sta lavorando al piano industriale. “Abbiamo in corso il trasferimento della sede della holding dall’Italia a Svizzera, con un impatto positivo sul capitale regolamentare. Aspettiamo il parere dell’Agenzia delle Entrate, che è una condizione sospensiva dell’operazione. Presenteremo il piano quando uscirà il parere, tra fine 2021 e inizio 2022“. Il piano prevede un rafforzamento della banca, anche con eventuali acquisizioni tattiche, ma non operazioni trasformative.

Banca Ifis inoltre ha confermato che non vuole sdoppiarsi e rinunciare alla sua natura bancaria, come già fatto da Credito Fondiario la scorsa estate (si veda altro articolo di BeBeez). “Stiamo approfondendo l’impatto del calendar provisioning e pensiamo di essere in grado di gestirlo con un cambiamento della strategia di recupero e l’uso di veicoli che permettono di deconsolidare i portafogli, anche con terzi”, ha precisato Geertman. Che sul capitolo partnership, si è detto aperto, ma “non abbiamo trattative in corso”.

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