La Corte di Appello di Roma quantifica i danni dell’aereo e dello stop alla flotta

I ministeri della Difesa e dei Trasporti responsabili della mancata sicurezza

I ministeri di Difesa e Trasporti dovranno pagare alla società 330 milioni di euro. Così ha deciso la Corte di Appello di Roma, con una sentenza pubblicata ieri che quantifica, su richiesta della Cassazione, il danno aggiuntivo subito dalla società per lo stop della flotta e la revoca delle concessioni successive alla tragedia di Ustica. Risarcimento quantificato in 265 milioni di euro da una sentenza definitiva confermata nel 2018, che liquidava però solo il danno legato alla caduta del DC 9 nel 1980.

Si chiude così, con un costo di circa 330 milioni a carico dei conti pubblici, una vicenda che si è trascinata per quarant’anni tra aule di tribunale e prime pagine dei giornali. A portare avanti la causa contro i ministeri di Difesa, Infrastrutture e Trasporti gli amministratori straordinari della società, rappresentati dallo studio dell’Avv. Giuseppe Alessi e ad adiuvandum – Luisa Davanzali, difesa dall’Avvocato Giuliano Pompa e Finnat Fiduciaria, difesa dall’Avvocato Nicola Gaetano, soci che insieme rappresentano il 69% della proprietà.

Dagli atti emerge la cronologia degli eventi che portò la società in amministrazione controllata. Il 27 giugno 1980 il velivolo di Itavia precipitò causando la morte di 81 persone. Il 10 dicembre 1980 avvenne la sospensione delle attività di volo. Con decreti del 16 dicembre 1980 e 23 gennaio 1981 la Autorità aeronautiche dichiararono decaduti tutti i servizi di linea affidati alla società e la risoluzione delle convenzioni in atto.

Un’inchiesta ufficiale, poi, lavorò sull’ipotesi di un cedimento strutturale del velivolo. Indagini, tentativi di insabbiamento e depistaggio, notizie riportate dalla stampa e poi smentite: gli anni successivi hanno raccontato tante verità. I processi ne hanno poi confermata una: un missile colpì il Dc 9 di Itavia. Per questo, sul ministero della Difesa grava la colpa di non aver assicurato la sicurezza nei cieli, su quello dei Trasporti e delle Infrastrutture quella di aver permesso la contemporanea circolazione di altri aerei sulla stessa rotta. Le due sentenze esecutive rispondono alla quantificazione dei due danni identificati: il primo relativo alla caduta dell’aeromobile e i costi determinati dall’evento, il secondo relativo al danno complessivo subito dalla società, che non fu più in grado di continuare l’attività, ebbe un alto danno reputazionale, subì accuse poi rivelatesi infondate. La sentenza pubblicata ieri, che liquida il danno complessivo della società, condanna in solido i due ministeri a pagare ad Aerolinee Itavia la somma di 33,1 milioni di euro, che attualizzati diventano poco meno di 330. Una rivalutazione monetaria, scrivono i giudici, a cui si aggiungono gli interessi legali, trattandosi di misure giuridicamente compatibili: la prima «mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l’evento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa del lucro cessante subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario».

Che cosa succederà adesso? La società, in amministrazione straordinaria dal 1980 e con un passivo di 90 milioni di euro, alla luce dei 330 milioni di credito con lo Stato, tornerà in attivo e nelle mani della proprietà. La nuova vita, però, dovrà fare i conti con il coronavirus e un’impresa difficile quanto quella vissuta sino ad ora: recuperare risorse da un bilancio statale già gravato da un altissimo debito e costi aggiuntivi legati alla gestione dell’epidemia e delle sue conseguenze. La trattativa è già in corso. A luglio 2019 le parti si sono incontrate a Palazzo Chigi e hanno discusso l’ipotesi di un pagamento rateale. L’incontro andrà riaggiornato alla luce della nuova sentenza mentre è tutt’ora pendente al Tar del Lazio un ricorso per la nomina di un commissario ad Acta che esegua il pagamento.

Rosalba Reggio