Tra il 2015 e il 2018 sono passati di mano 190 miliardi di euro di crediti deteriorati (non performingexposure o npe) italiani e a fine 2018 quelli ancora sui libri delle banche italiane erano scesi a un valorelordo di 180 miliardi (dai 341 miliardi del 2015), di cui 79 miliardi di unlikely-to-pay (dai 127 miliardi del 2015). E nei primi sette mesi di quest’anno hanno cambiato padrone almeno altri 16,5 miliardi di euro dicrediti deteriorati. Il calcolo è di BeBeez, che sottolinea anche che, sulla base dei dati pubblici, sonoattese transazioni di npe per almeno altri 45 miliardi di euro entro fine anno, comprendendo in tale importometà del portafoglio di utp da 13,3 miliardi di euro per i quali Unicredit intende trovare un accordo misto dicessione e gestione.
Detto questo, che cosa ne è stato dei portafogli passati di mano? Quanti crediti sono stati recuperati? Difficile, anzi impossibile dare una risposta certa valida per tutto il mercato, ma in base a una stimaragionevole si può affermare è che la maggior parte delle operazioni al momento è in linea con leprevisioni e che il trend sta migliorando.
I servicer sono molto gelosi di questi numeri, perché il tasso di recupero ha un impatto diretto sulla lororedditività e quindi sul conto economico. Non a caso a fine 2018 le aziende associate a Unirec (l’associazione delle società di recupero crediti) avevano indicato che, a fronte di aumento del volume deiNewsAnalisi Tecnica(/contenuto2)My Tech(/contenuto4) crediti affidati per il recupero a quota 82,3 miliardi di euro (+15,2% dai 71,4 miliardi nel 2017), ne erano stati recuperati solo per 7,8 miliardi, con un ritmo di crescita del 4,9% rispetto all’anno prima, quindi moltopiù basso di quello di 15,2% del valore delle pratiche affidate. Colpa dei non performing loans, la cuigestione diviene più difficoltosa con il passare del tempo: la forte presenza di crediti npl comporta infattiun aumento degli importi affidati ma anche una riduzione del valore del recuperato e un aumento dei costidi recupero, che abbatte la redditività.
Il rapporto tra reddito operativo e fatturato per le società di capitali associate a Unirec nel 2017 eraprossimo allo zero (0,2% per precisione), sebbene la media nascondesse la presenza di risultati estremisia negativi (-214%) sia positivi (51%). Le imprese Unirec con redditività operativa negativa erano 28, parial 18% del totale delle associate. E, se si tiene conto soltanto delle imprese con redditività operativapositiva, il rapporto medio tra reddito operativo e fatturato saliva invece al 9,38%.
Quanto ai risultati di bilancio dei principali servicer, dai numeri raccolti da PwC emerge che la marginalitàè ben maggiore. In particolare, il margine di ebitda calcolato per il 2018 è superiore al 40% per ben seiservicer (Frontis Npl, Duepuntozero, Phoenix Asset Management, J-Invest, MBCredit Solutions e PreliosCredit Servicing), con Credito Fondiario che con il suo 39,7% tallona da vicino il gruppo di testa. Laclassifica però, è incompleta perché mancano i numeri di alcuni dei servider più importanti, come Intrum eHoist Finance. In ogni caso, si tratta di numeri che indicano che i servicer in questione stanno lavorandobene sul fronte dei recuperi, altrimenti non sarebbero stati in grado di portare a casa simili margini.
Si può uscire dal campo delle ipotesi per andare sul terreno dei numeri veri, invece, se si va a guardare leperformance delle operazioni pubbliche, cioè le cessioni di npl che sono state condotte tramite operazionidi cartolarizzazione che hanno dato luogo a emissioni di titoli asset backed poi portati sul mercato esottoscritti da investitori istituzionali. In questo caso, infatti, i dati di performance sono monitorati dalleagenzie di rating. A maggior ragione se le cartolarizzazioni hanno ottenuto la garanzia pubblica (Gacs) perle tranche senior. Proprio quest’ultimo campione di operazioni, visto che rappresenta per valore oltre unterzo del totale delle transazioni su crediti deteriorati passate sul mercato tra il 2015 e il 2018, può fornireindicazioni interessanti in merito al trend dei recuperi.
Dalla partenza del regime Gacs (Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze), avvenuta nel 2016,allo scorso marzo erano state cartolarizzate sofferenze per un valore lordo complessivo di 62,7 miliardi dieuro, pari appunto a oltre il 35% del controvalore delle transazioni su crediti deteriorati chiuse nel periodo.Lo ha calcolato PwC nel suo ultimo studio sul settore, intitolato «The Italian Npl Market-Assembling thePuzzle).
PwC ha mappato 21 operazioni il cui sottostante sono stati portafogli di crediti in sofferenza in media per il58% di tipo secured. Sempre in media, sono state emesse notes senior per un controvalore pari al 19%del valore lordo del portafoglio, notes mezzanine per il 3% e notes junior per il 2%. Infine il tasso direndimento medio ponderato delle notes senior è stato dello 0,8%, mentre il rendimento delle tranchemezzanine è stato del 7%, con un massimo dell’8% per la tranche mezzanina della cartolarizzazione diMps (Siena NPL 2018) e con punte del 7,7% per quelle delle cartolarizzazioni di Banco Desio e Brianza
(2Worlds), Bper (4Mori Sardegna), Bnl (Juno 1 e Juno 2) e Banco Bpm (Leviticus). Il rendimento piùbasso tra le tranche mezzanine (4,8%) è stato spuntato da Unicredit per la cartolarizzazione Fino1, cheperò per contro è quella che ha registrato il rendimento più alto per la sua tranche senior (1,2%).
Già, ma quanto hanno effettivamente reso i portafogli? Hanno centrato le aspettative? Un controllo si puòfare soltanto per i portafogli relativi alle operazioni che hanno un minimo di storia. Ci ha provato Moody’s inun suo studio dello scorso marzo con il quale analizzava 19 operazioni di cartolarizzazioni europee di nple metteva in particolare a confronto le performance degli otto deal italiani con Gacs più datati (PopolareBari NPLs 2016, Brisca Securitisation, Elrond Npl 2017, Fino1 Securitisation, Popolare Bari NPLs 2017,Siena NPL 2018, Red Sea spv e Bcc NPLs 2018) con quelle dell’operazione portoghese Evora Finance.Ebbene, Moody’s sottolinea che, di queste nove operazioni, sei delle otto italiane hanno performatoleggermente peggio rispetto alle ipotesi originali dei servicer incluse nei rispettivi business plan, nel sensoche il valore complessivo cumulato di quanto recuperato risulta leggermente inferiore a quanto ipotizzatoinizialmente. Secondo Moody’s, le sottoperformance nei periodi iniziali delle operazioni possono essere attribuite a una sottostima del processo di entrata a regime degli special servicer, visto che in molti casiNewsAnalisi Tecnica(/contenuto2)My Tech(/contenuto4) essi entrano in azione per il recupero soltanto al momento della firma definitiva delle operazioni. Per contro, a raccogliere più del previsto sono stati i portafogli sottostanti alle cartolarizzazioni Brisca (134,95%), Red Sea (120,75%) ed Evora Finance (169,79%). Lo stesso si può dire anche considerando irecuperi al netto dei costi di recupero.
Lo stesso trend era stato evidenziato in un report di Dbrs redatto a inizio anno e che metteva a confrontole performance lorde di solo quattro deal italiani e cioè Brisca, Pop Bari 2016, Pop Bari 2017 e Siena 2018. Anche Dbrs evidenziava infatti che l’unica operazione ad aver sino a quel momento superato leaspettative del business plan era quella di Brisca, mentre le altre si trovavano al di sotto.
A fine maggio DebtWire ha fatto uno sforzo ulteriore e ha calcolato che soltanto sei su un totale di 16cartolarizzazioni di crediti deteriorati di banche italiane con Gacs avevano registrato un totale recuperatonetto inferiore o appena sotto quello dei rispettivi business plan. Il dato era il risultato di un’analisi condottasui numeri aggiornati delle singole operazioni forniti da Moody’s e Dbrs e integrati con i dati forniti daisingoli servicer. Sul podio della performance c’è Juno, la prima cartolarizzazione con Gacs di Bnp Paribascondotta nel luglio 2018, con un net collection rate addirittura del 294%.
Scope Ratings, invece, a fine giugno ha riferito che la cartolarizzazione 4 Mori di Sardegna a inizio 2019aveva una performance positiva, con una raccolta cumulata netta pari al 129% di quanto previsto dalbusiness plan e lorda leggermente al di sotto, cioè 97%. Molto indietro rispetto alle previsioni del businessplan è invece Aragorn, operazione del Credito Valtellinese che, secondo Scope Ratings, ha raccoltosoltanto il 77% cumulato netto rispetto alle previsioni.
In ogni caso, come ricorda PwC nel suo studio, le nuove regole sulla Gacs, introdotte lo scorso marzo inoccasione del decreto di rinnovo della garanzia pubblica, prevedono che dopo l’attivazione della garanzia,se la raccolta netta cumulata di una cartolarizzazione risulta inferiore a quella prevista per due periodiconsecutivi di pagamento di interessi, allora il servicer deve essere sostituito. In ogni caso, poi, se laraccolta netta cumulata è più bassa di oltre il 10% rispetto alle previsioni, il pagamento degli interessi sullenote mezzanine e junior viene posticipato rispetto a quello dell’intero pagamento degli interessi sulle notesenior, a meno che il cumulative net ratio non venga riportato al 100%. (riproduzione riservata)

di Stefania Peveraro Milano Finanza 27/07/2019